SIRONI AL MUSEO DEL NOVECENTO, SINTESI E GRANDIOSITA’

Milano – Interessantissima e imperdibile la retrospettiva aperta al pubblico fino al 27 marzo 2022 al Museo del Novecento di Milano sull’artista poliedrico Mario Sironi (Sassari, 12 maggio 1885 – Milano, 13 agosto 1961), allestita a sessant’anni dalla sua morte a cura di Elena Pontiggia e Anna Maria Montaldo, in collaborazione con Andrea Sironi-Strausswald (Associazione Mario Sironi, Milano) e Romana Sironi (Archivio Mario Sironi di Romana Sironi, Roma). Una mostra curata nei particolari, le stanze tutte dipinte di azzurro, colore amato da Sironi, in cui si stagliano 110 opere che ripercorrono tutte le stagioni dell’artista, affermatosi sin dall’inizio del Novecento come pittore, scultore, architetto, scenografo.

Autoritratto.

La ricerca volumetrica caratterizza tutte le sue opere. Artista eclettico, ha saputo elaborare tutte le stagioni più innovative dell’arte della prima metà del ’900 (dal Simbolismo al Futurismo, dalla Metafisica alla “moderna classicità”, dall’Espressionismo, alla pittura celebrativa del fascismo, cui aderì convintamente, rischiando nel 1945 la fucilazione: fu il partigiano Gianni Rodari a salvarlo).
Dall’incontro con Margherita Sarfatti, la grande promotrice dell’arte italiana durante il fascismo, scaturisce la fondazione del movimento del Novecento Italiano, con Bucci, Dudreville, Funi, Oppi, Malerba e Marussig; di questo movimento Sironi è certamente la figura di punta, anche come teorico.

Il camion giallo.

Le pennellate decise e sobrie lasciano intravedere la sua adesione alle varie correnti artistiche ma con una personale reinterpretazione nelle forme e nei volumi, molti quadri hanno un’essenzialità che sa di assoluto, soprattutto le sue “periferie urbane” che urlavano in anticipo il dramma delle città, una finestra spalancata sul suo tempo e sulla storia, ammassi cubici sotto cieli di carbone, a volte con una nota avveniristica: la presenza di auto, camion e tram!

L’uomo Sironi non scappa dal destino che lo chiama a misurarsi con una vocazione alla grandiosità: le figure umane diventano monumentali e delle forme imponenti. Nelle ultime opere si percepisce il sentimento di tristezza e di solitudine, che ha caratterizzato la sua sensibilità sin dagli esordi: il richiamo della sua natura struggente è ben visibile soprattutto nell’ultima produzione, dove la condizione umana di isolamento e di alienazione è raffigurata con forme minute e spezzate. I quadri si fanno sempre più cupi, disperati.

Ci si congeda dalla mostra ammirando le ultime opere degli ultimi drammatici anni dell’artista (tormentato anche dal suicidio della figlia 18enne Rossana): “L’ultimo quadro” (così scritto dallo stesso Sironi sul retro della tela – 1961) e un’opera di piccole dimensioni dipinta l’anno prima, che ritraeva addirittura il suo funerale. Mostra da non perdere, una rassegna davvero unica nel suo genere.

Cesare Caracciolo

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