AUTO GLOBALIZZAZIONE O NO GLOBAL AUTO?

Cristiano Sorodi Cristiano Soro

La verità è fatta a strati…

Cosa intendo?

Semplice, ossia non esiste una verità assoluta, a volte neanche quella per cui presta giuramento davanti ad un giudice con in alto la  mano destra recitando il più convincente dei  “Lo Giuro”.

A meno che non si parli di madre certa.

Questa latente non globalizzazione che in realtà non è nient’altro che la pura essenza di quel brutto termine (un mio esclusivo e personale pensiero) che è la “globalizzazione”.

Forse perché sono sardo e i miei confini son ben definiti da tutti i possibili venti che ne  compongono la rosa, forse perché in ognuno dei miei cari compaesani ovunque essi si trovino è ben chiaro in mente quanto impresso nel nostro DNA, nella nostra memoria e nel nostro profondo io: sappiamo di essere ospiti spesso graditi al di fuori della nostra  isola, e che ci portiamo dentro una nostra identità fatta di secoli e di diversità, di sofferenza come di orgoglio.

Siamo chiusi e a volte ci apriamo con superbia,  forse a volte in risposta a nostri ancestrali complessi.

E comunque sia quel che sia… siamo quello che siamo, sapendo che nel più recondito dei nostri cassetti segreti c’è il pensiero che un giorno torneremo.

Tradotto in altre parole: abbiamo un identità che ci identifica.

Cosi come i catalani, i bretoni, gli scozzesi… E se vogliamo ampliare  un ipotetico ventaglio, gli americani, gli inglesi, e gli orientali a cominciare dai giapponesi (e a seguire i coreani).

Tutti noi abbiamo un’identità definita e riconoscibile, come una mappa.

Nell’automotive cosa accade?

Accade questo: che marchi storici e espressione di una nazione, in realtà ( volendo usare un termine bellico) sono passati al nemico.

Mi spiego meglio.

Chi avrebbe mai avuto il coraggio di spiegare a Sir Royce e Sir Rolls che un domani la loro Spirit of Ecstasy sarebbe passata in mano tedesca?

Minimo… il calice di Whisky avrebbe perso la presa della loro mano per rovinare sul tappeto sottostante, seguito da una risata molto british… e poi vallo a spiegare tu alla regina che sarebbe stata scorazzata sulle rive del Tamigi dalla Rolls made in Germany.

Per non parlare della casa del Giaguaro…chi avrebbe mai avuto  il coraggio di andare da Diabolik e dirgli che tra un ventennio la sua Jaguar E sarebbe stata “made in India”?

Io no di sicuro.

Pensate poi a quel signore che di nome faceva Ferruccio e di cognome Lamborghini che cominciò con costruire i trattori per poi rivaleggiare nientemeno che con Enzo Ferrari… a quanto pare dopo una feroce litigata tra loro due!

Provate a pensare… solo ad immaginare di sussurrargli in un orecchio in che mani sarebbe finito e di quale nazione sarebbero stati i nuovi padroni della Casa creata da lui: la Germania.

Io credo che il buon Ferruccio magari avrebbe continuato a costruire trattori, magari i più veloci al mondo ma sicuramente mai avrebbe immaginato tali nuovi padroni…

Stessa cosa è successa a qualcuno che aveva tre cose di cui non si sarebbe mai liberato e di cui andar fiero,  previo sommossa popolare e a rischio di una guerra civile.

Di chi stiamo parlando?

Suvvia… è facile, vi offro un aiutino.

Le tre cose sono: la Coca Cola… la Jeep… e l’Harley-Davidson.

Qui il vero campione è stato il nostro”Sergio” nazionale.

Sto parlando di Marchionne.

Eppure?  eppure tutto questo miscuglio di identita di culture anche molto lontane e differenti, non si sono mai tradotte in ingerenze

Cosa voglio dire?

Semplice… gli attuali propietari che abbiano gli occhi a mandorla, che portino un informale maglioncino girocollo, così come i piu crucchi e razionali degli AD made in Deutschland  hanno avuto l intelligenza di continuare una tradizione.

Di mantenere una identità, anzi enfatizzando origini e carattei distintivi che andavano ad acquisire, spesso e volentieri cambiando i destini di taluni grandi gruppi automobilistici, risollevandoli e rimettendoli con più forza sul mercato, mantenendo inalterate le loro caratteristiche di unicità e mai dimenticando il blasone qualora ci fosse.

Ad esempio Audi ,il colosso tedesco, si è mossa con astuzia, i suoi poderosi motori sia di 8 che 10 e in alcuni casi 12 cilindri sono usati sia in casa Audi, sulle Lamborghini e sulle Bentley.

Tradotto: sono vestiti diversi con un medesimo cuore.

Idem BMW… che si comporta allo stesso modo con the Queen, la Rolls-Royce.

Stessa cosa fa anche in maniera piu limitata Fiat con Jeep.

Stavate per definirlo “illusionismo”?

No, non lo è: tutto ciò si traduce invece in quello che si chiama economia di scala.

Volete un’altro esempio, che blasone a parte calza a pennello?

Guardate un po’ che cosa ha fatto Audi-VW con Skoda: ma ve le ricordate le Skoda, detentrici per decenni del premio come  auto piu brutte del globo a pari merito con altre tedesche?

Beh, i teutoni non solo hanno rilanciato la gamma stravolgendola e dandogli nuovo lustro,  ma hanno creato un vero e proprio sottobrand della piu blasonata Audi.

Facendolo con intelligenza (e i risultati si vedono) ora le “orride ” Skoda Rapid con il loro cofano ad apertura laterale sono solo un lontanissimo ricordo.

Una cosa però non mi è chiara e mi dice che qualcosa non torna del tutto…ora che gli italiani comprano gli americani, che i cinesi comprano gli svedesi, che gli indiani comprano gli inglesi, che i giapponesi comprano se stessi, ma com’è che i tedeschi comprano tanto e non vendono nulla?

La risposta è molto semplice… quanto banale.

Come diceva il “Giò”: “Articolo quinto, chi ha il grano ha vinto” ossia chi ha il potere economico detta legge.

E comunque sia che si parli  di verità o di  global logic, l’importante è che lo si faccia con intelligenza, con lungimiranza e possibilmente lasciando le fabbriche principali  nelle nazioni di appartenenza.

Volete un esempio? La nostra Ducati, una delle factory a due ruote  più blasonate al mondo italiana fino al midollo è di proprietà tedesca,  e forse ora è più Ducati che mai.

Morale?

Non esiste una morale, una verità, esistino delle identità che vanno rispettate…

Credo e ne sono fermamente convinto che se un domani prodotti come Harley-Davidson, o come Ferrari o Bentley fossero costruiti esclusivamente fuori dai loro stati di origine, quelli dove sono nati e vengono identificati per intenderci, beh credo che allora non potrebbero sopravvivere alle loro origini, non basterebbe il blasone.

E come se chiedeste al mio amico Luca di prendere un vitigno di Cannonau e di trapiantarlo sulle colline toscane, a parte che dovrebbe ribatezzarlo ‘annonau alla toscana, e comunque l ‘esperimento sarebbe condannato al fallimento.

A questo punto tirate voi le somme al grido di “Abbasso (anzi Viva) la globalizzazione…” oppure tirate i dadi e  fate voi.

 

 

 

 

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