62 ANNI FA L’ADDIO A TAZIO NUVOLARI

gabrieledi Gabriele Mutti

“Correrai ancora più veloce per le vie del cielo”. Questa frase è incisa sulla lapide della tomba di Tazio Nuvolari, nato a Castel d’Ario il 16 novembre 1892 e spentosi a Mantova esattamente 62 anni fa, l’11 agosto 1953.  

Corse con le moto e con le auto dal 1920 fino all’inizio degli Anni 50, con l’interruzione di oltre sei anni a causa della seconda guerra mondiale. Riconosciuto universalmente come uno dei più grandi piloti della storia, è ancor oggi ricordato e ammirato per le sue molte e speciali qualità, nonché per le sue doti umane.

Figlio di un agricoltore benestante, Arturo, e di Elisa Zorzi, il piccolo Tazio crebbe nel mito sportivo del padre e dello zio Giuseppe, ottimi corridori ciclisti. Lo zio lo fece appassionare ai motori facendogli guidare le sue moto fin da bambino.

Richiamato alle armi durante la prima guerra mondiale fu impiegato come autiere. Nel 1917 sposò Carolina Perina, dopo una “fuitina” e con rito civile. A 27 anni, chiese e ottenne la licenza di pilota di moto da corsa.

Disputò la prima corsa con le moto il 20 giugno 1920 a Cremona e vinse la sua prima gara il 20 marzo 1921 a Verona, il Circuito del Pozzo.

Divenne un pilota professionista e ben presto incontrò Enzo Ferrari (all’epoca anch’egli pilota e non ancora fondatore della Ferrari). Nuvolari divenne rapidamente molto popolare in Italia, dove venne soprannominato “Il campionissimo delle due ruote” (lo stesso titolo che verrà più tardi assegnato a un grande del ciclismo, Fausto Coppi).

Con una moto Bianchi 350 vinse il campionato italiano e nel nel 1925 anche il titolo europeo. Nel 1922 gli fu offerta la possibilità di correre anche con le auto dalla Scuderia Moschini di mantiva, che gli affidò una SCAT con motore Hispano-Suiza messa a punto da un giovane e sconosciuto meccanico, Amedeo Gordini, che diventerà anch’egli una leggenda dello sport automobilistico: ma questa è un’altra storia…

Nuvolari iniziò a cimentarsi anche nei Gran Premi auto e vinse la prestigiosa Targa Florio in Sicilia. Dopodiché decise di dedicarsi solamente alle auto. La sua fama crebbe ulteriormente e il famoso poeta Gabriele D’Annunzio, alla fine di aprile del 1932 lo invitò al Vittoriale per fargli dono di una piccola tartaruga d’oro con la dedica «all’uomo più veloce, l’animale più lento», chiedendogli in cambio di vincere la Targa Florio che si sarebbe disputata dopo due settimane. Il pilota si mostrò stupito della richiesta e rispose: «Io corro solo per questo».

Il successivo 8 maggio, Nuvolari tagliò per primo il traguardo della gara siciliana con un’Alfa Romeo 8C 2300 della Scuderia Ferrari. Nello stesso anno, riuscì ad aggiudicarsi anche i Gran Premi di Monaco, Francia e Italia.

Le sfortune personali (in pochi anni perse entrambi i figli diciottenni: il primogenito Giorgio a causa di una miocardite e Alberto a causa di una nefrite) resero il pubblico ancor più appassionato nei suoi confronti. La sua determinazione lo portò, proverbialmente, a insistere nelle gare anche quando l’auto perdeva pezzi, o era in fiamme, causando diversi incidenti.

A Nuvolari, Enzo Ferrari attribuisce l’invenzione della tecnica della sbandata controllata: affrontava le curve con un secco colpo di sterzo, facendo slittare le ruote posteriori verso l’esterno, quindi controsterzava e schiacciava l’acceleratore a tavoletta. In questo modo usciva di curva con la macchina già rivolta verso il rettilineo e in piena accelerazione, a velocità maggiore di chiunque altro. Questa tecnica, che non ha più ragion d’essere nelle auto a ruote scoperte a causa dell’avvento dell’aerodinamica, viene invece ancora oggi usata nei rally.

Ferrari stesso raccontò che, quando per la prima volta salì come copilota su un’auto guidata da Nuvolari, alla prima curva avvertì che le ruote slittavano e credette che il mantovano avesse perso il controllo e che la vettura stesse uscendo di pista, ma con sua grande sorpresa questo non accadde; alla seconda curva avvenne lo stesso, e così alle successive, finché Ferrari comprese che Nuvolari faceva sbandare l’auto di proposito.

Tanti sono stati gli episodi nella carriera sportiva di Nuvolari che l’hanno reso celebre. Tra i più famosi possiamo ricordare: nel 1924, sul circuito del Tigullio, Nuvolari condusse una gara estremamente tirata, uscendo spesso di pista e fermandosi, in alcuni casi, a picco sul mare. A pochi chilometri dall’arrivo, una ruota si stacca e la sua Bianchi finisce malamente in un fosso. Il meccanico rimane stordito e non può rimettere insieme la vettura, quindi Nuvolari chiede aiuto agli spettatori. Dopo averla rimessa assieme alla meno peggio, riparte e vince la gara. Gli spettatori al traguardo, comunque, assistono ad un epilogo imprevisto: il mantovano vince la corsa su un’auto praticamente ormai sui cerchioni e senza seggiolino di guida né volante, sostituito da Nuvolari con una chiave inglese, col meccanico ancora svenuto al suo fianco.

Nel 1925, mentre si allenava in auto sulla pista di Monza, Nuvolari uscì di strada e fu sbalzato dalla vettura, ferendosi in modo molto serio. Una sola settimana dopo si disputava sulla stessa pista un Gran Premio di motociclismo: Nuvolari lasciò l’ospedale contro il parere dei medici, coperto di bende e fasciature, si fece aiutare dai meccanici a montare sulla moto, poiché a stento si reggeva in piedi, e vinse.

Nel 1930 vinse la Mille Miglia davanti ad Achille Varzi, superandolo durante la notte, poco prima dell’alba: per non farsi accorgere del suo arrivo e superarlo a sorpresa, Nuvolari spense i fari e proseguì al buio, seguendo le luci di coda di Varzi. Nel 1931 al Circuito delle Tre Province, durante la gara Nuvolari superò un passaggio a livello a velocità sostenute, riportando la rottura della molla di richiamo dell’acceleratore della sua Alfa 1750 6 cilindri. Per proseguire la corsa, una gara a cronometro, Nuvolari guidò controllando sterzo, freno e frizione mentre il meccanico Compagnoni regolava l’acceleratore, tramite la cintura dei pantaloni fatta passare attraverso il cofano. Nonostante questa tecnica di guida ai limiti del praticabile, Nuvolari vince la gara superando un incredulo Enza Ferrari di 32 secondi.

Nel 1935, nel GP di Germania, sulla pista di 22 km del Nuerburgring, Nuvolari si impose guidando un’ Alfa nettamente inferiore alle potenti vetture tedesche in gara di Mercedes-Benz e Auto Union. Nuvolari vinse con una clamorosa rimonta dopo essere rimasto attardato nella sosta per il rifornimento di benzina: ancora all’inizio dell’ultimo giro aveva un ritardo di 30 secondi dal primo. Questo successo fece “alterare” non poco i gerarchi nazisti presenti al circuito, che invece si aspettavano di vedere una grande affermazione tedesca in loro presenza; non la pensava così Nuvolari che, così sicuro di una sua vittoria, aveva appositamente portato dall’Italia una bandiera tricolore nuova fiammante (aveva saputo che quella in dotazione agli organizzatori era logora), che fece issare sul pennone più alto durante la cerimonia di premiazione. Si dice che gli organizzatori, non trovando il disco con la Marcia Reale (l’ inno nazionale italiano dell’epoca) lo sostituirono con quello di O’ sole mio!

Lo stesso anno, durante il GP di Monaco corso sotto una pioggia battente, un pilota ruppe il circuito dell’olio della propria autovettura e inondò la pista in una doppia curva a S già scivolosa per l’acqua. I cinque corridori successivi, man mano che sopraggiungevano, perdevano aderenza e scontrandosi tra loro o con le barriere disseminarono quel punto della pista di rottami. Nuvolari, sopraggiunto per sesto, riuscì derapando in velocità a mantenere comunque il controllo della sua vettura, percorrendo una particolare traiettoria che gli consentì di uscire dalla doppia curva schivando tutti i rottami con la precisione di alcuni centimetri…
Nel 1947 alla Mille Miglia, con la neonata Cisitalia 202 in versione spider, da lui preferita alla coupé perché gli permetteva una migliore respirazione (aveva seri problemi ai polmoni), arrivò secondo dietro Biondetti dopo aver corso in testa per quasi tutta la gara, soccombendo all’attacco del vincitore solo sul tratto autostradale (novità di quell’anno) Torino-Brescia percorso sotto pioggia battente.
Nel ’48, all’età di cinquantasei anni, a sorpresa Nuvolari prese ancora il via della Mille Miglia con una Ferrari 166 SC. Prima che problemi meccanici lo costringessero al ritiro, nel primo tratto di gara fece segnare il miglior tempo assoluto. Fece togliere prima il cofano motore per ovviare ad una chiusura imperfetta, poi volò via un parafango, poi si ruppe il supporto del sediolo del meccanico e infine, dopo una derapata troppo accentuata si incrinò l’occhio (supporto) di una balestra ed Enzo Ferrari, dato che il pilota non intendeva far effettuare una riparazione per non perdere la testa della classifica, gli impose di fermarsi e di ritirarsi vicino a Reggio Emilia.
Il 10 aprile 1950 Nuvolari partecipò alla gara in salita Palermo-Monte Pellegrino, su Cisitalia-Abarth 204A Sport Spider della Squadra Corse di Carlo Abarth. Ottenne la vittoria della classe fino 1100 cm³ Sport e il 5º posto assoluto. È stata la sua ultima gara e l’ultima vittoria di Nuvolari, ricordata con una manifestazione rievocativa organizzata puntualmente dal Monte Pellegrino Historics.
Nuvolari non annunciò mai formalmente il suo ritiro, ma la sua salute andava deteriorandosi e divenne sempre più solitario. Nel 1952 venne colpito da un ictus che lo lasciò parzialmente paralizzato, e morì un anno più tardi, l’11 agosto, a causa di un altro ictus. Pressoché tutta la città di Mantova partecipò ai suoi funerali, che si tennero il 13 agosto ’53 e ai quali parteciparono tra le 25.000 e le 55.000 persone. Il corteo funebre era lungo alcuni chilometri e la bara di Nuvolari fu messa su un telaio di macchina scortato da Alberto Ascari, Luigi Villoresi e Juan Manuel Fangio. Fu sepolto con gli abiti che indossava sempre scaramanticamente in corsa: un maglione giallo, pantaloni azzurri e gilet di pelle marrone. Al fianco il suo volante preferito.

Oltre ai tanti cittadini, ai tifosi, alla gente comune, fu presente anche Enzo Ferrari, che ebbe poi modo di dichiarare: “Non appena mi giunse notizia della sua fine partii per Mantova. Nella fretta mi persi in un dedalo di strade sconosciute della città. Scesi di macchina, chiesi ad un negozio di stagnino la via per villa Nuvolari. Ne uscì un anziano operaio, che prima di rispondermi fece un giro intorno alla macchina, per leggere la targa. Capì, mi prese una mano e la strinse con calore. “Grazie di essere venuto – bisbigliò commosso – come quello là non ne nasceranno più”.

 

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