DISASTRO GERMANWINGS, LUFTHANSA STANZIA 300 MILIONI

La Lufthansa ha comunicato ai suoi assicuratori di aver accantonato una cifra enorme – non era mai accaduto prima d’ora – pari a circa trecento milioni di euro per eventuali costi derivanti dalle cause che saranno intentate dai famigliari dei passeggeri del volo Germanwings precipitato sulle Alpi.

La notizia è stata diramata con un duplice scopo:  da un lato per rassicurare gli investitori sulle sorti di una delle più importanti compagnie aeree del mondo, dall’altro per mostrare il volto comunque solido dell’azienda ai clienti.

Il portavoce di Lufthansa, Kerstin Lau, ha confermato tutto in una relazione messa a disposizione del quotidiano Handelsblatt: “Trecento milioni di dollari sono l’importo attualmente riservato al caso”.

Questi soldi vanno ad aggiungersi a quelli messi a disposizione la scorsa settimana delle famiglie dei parenti del disastro: 50mila euro per ogni passeggero per fronteggiare le spese di questi giorni a prescindere da eventuali e futuri risarcimenti.

Il disastro del volo Germanwings 9525 partito da Barcellona e diretto a Dussledorf  schiantatosi sulle Alpi francesi il 24 marzo scorso è il primo che coinvolge un aereo di una società low cost sul suolo europeo. Però se fosse confermata la tesi del copilota suicida, non sarebbe il primo caso in assoluto di un pilota che decide di togliersi la vita ai comandi di un aereo passeggeri. Il precedente più importante – e più sconcertante, se si pensa che non erano ancora in atto i sistemi di sicurezza decisi dopo gli attentati alle torri gemelle di New York  – è quello del volo Egypt Air 990 da Los Angeles a New York e a Il Cairo, ma non è l’unico.

Il 29 novembre 2013 il volo 470 della Lam flight che effettuava la tratta Maputo-Luanda, cominciò una rapida discesa andando a schiantarsi in Namibia, causando la morte di 33 persone. Secondo le indagini preliminari si trattò di un incidente provocato intenzionalmente dal capitano, che diresse il velivolo verso terra sfruttando l’allontanamento momentaneo dai comandi del primo ufficiale.

Il 31 ottobre del 1999, il volo 990 della EgyptAir, partito da New York e diretto al Cairo con 217 persone a bordo, precipitò nell’Oceano Atlantico, al largo dell’isola di Nantucket (Massachusetts), subito dopo il decollo. L’inchiesta della Ntsb (National transportation security board, l’agenzia federale americana che indaga sui disastri aerei) stabilì che il volo fu intenzionalmente sabotato da Gameel el Batouty, il copilota il quale, secondo gli americani aveva manifestato propositi suicidi. Una tesi mai accolta dal Cairo.

Il 19 dicembre 1997, il volo 185 della Silk air flight, un Boeing 737 che viaggiava da Jakarta a Singapore, si schiantò in Indonesia dopo aver perso quota rapidamente. Le autorità locali non furono in grado di determinare la cause dell’incidente, ma secondo la Ntsb americana il capitano si sarebbe suicidato spegnendo entrambi i registratori di bordo e lanciando il Boeing in picchiata, probabilmente sfruttando l’assenza momentanea del copilota. Una tesi corroborata dal fatto che in quell’anno, il comandante aveva avuto diversi problemi sul lavoro e difficoltà finanziarie, soprattutto negli ultimi sei mesi.

Il 21 agosto del 1994, l’Atr-42 della Royal air Maroc, con 44 persone a bordo, tra cui otto italiani, precipitò vicino ad Agadir. L’aereo era diretto a Casablanca. Il ‘cockpit voice recorder’, il registratore delle conversazioni di cabina, rivelò che fu il comandante, Younis Khayati, a causare l’incidente nonostante i tentativi disperati della copilota, Sofia Figuiqui, la quale dopo aver lanciato per ben tre volte il ‘may-day’, cercò invano di bloccare il comandante.

Il 9 febbraio del 1982 un Dc-8 della Japan air lines precipitò in mare poco prima di atterrare all’aeroporto Haneda di Tokyo per colpa di una manovra errata fatta deliberatamente dal comandante Seiji Katagiri. La commissione d’inchiesta appurò che l’uomo, che soffriva di disturbi nervosi, nonostante un tentativo di intervento di altri due membri dell’equipaggio, aveva invertito la spinta dei motori a 300 metri dalla pista, facendo precipitare l’aereo in mare. Nell’incidente morirono 24 persone e 150 rimasero ferite.

Rientrano in una categoria a parte i casi in chi ha scelto di suicidarsi usando un aereo ma senza passeggeri a bordo.

È quanto accaduto, per esempio, il 26 settembre 1976, quando un pilota russo ha rubato un Antonov 2 e l’ha diretto contro un blocco di appartamenti di Novisibirsk in cui viveva la sua ex moglie, uccidendo 12 persone. E lei non era in casa.

Il 22 agosto 1979, a Bogotà, un meccanico di 23 anni appena licenziato entrò in un hangar dell’aeroporto della capitale colombiana, rubò un Hs-748 militare, decollò e precipitò in un’area residenziale: 4 morti.

Suicidi puri, senza altre vittime, il 13 luglio 1994 a Kubinka (Russia) e l’11 ottobre 1999 a Gaborone (Botswana). Nel primo caso un ingegnere dell’aeronautica militare russa prese un aereo e andò a schiantarsi una volta finito il carburante. Nel secondo un pilota dell’Air Botswana, lasciato a terra per questioni di salute, salì su un Atr-42, lo fece decollare, e dopo aver inviato diverse richieste via radio affermò che avrebbe fatto precipitare il velivolo, che si schiantò su due Atr parcheggiati nell’aeroporto.

http://www.today.it/mondo/risarcimenti-famiglie-vittime-incidente-aereo.html

 

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