AUTO STORICHE: MA COS’E’ QUESTA CRISI?

Foto Carlo presentatoreCarlo Carugati

Si parla in questi giorni di crisi del settore delle auto storiche e di chiusura di tante piccole aziende dell’indotto a causa della legge di stabilità 2015 che ha modificato le agevolazioni sulle vetture tra i 20 ed i 29 anni.  Ma è davvero per questa ragione che il vento sarebbe cambiato ? Sicuramente dal 2000 ad oggi l’unica associazione/azienda privata, che ha beneficiato di utili importanti è un’associazione del Piemonte  che avendo interpretato, a suo favore, una legge dello stato del 2000, ha incassato insieme ai club federati importanti quote associative dovute all’aumento a dismisura dell’iscrizione di soci proprio di veicoli ventennali. La stessa associazione, nel momento in cui è stata varata la legge di stabilità 2015 ha gridato aiuto, aiuto perché i lauti stipendi che si dice siano dati ai vertici, venendo a mancare i soci che “per opportunità” si iscrivevano e non l’avrebbero più fatto, avrebbero compromesso lo stato di favore in essere.

La realtà del momento di disagio del settore dell’auto storica, ha a mio modesto avviso, altre ragioni, ben più profonde e che vanno prese per quello che sono ma che vanno analizzate con cura per evitare di ritrovarsi a fare considerazioni che alla fine potrebbero portarci, visto che si parla di automobili, letteralmente “fuori strada”. La mia analisi è quindi articolata in vari punti che vado ad esporvi qui di seguito (e mi scuso per la lunghezza del testo, ma credetemi, ne valeva la pena).

  1. Grazie ad Internet i privati si sono messi a fare i commercianti : contando su benefici di legge che in quel momento consentivano anche per i veicoli ventennali (e non stiamo parlando delle Panda della mamma),  per i veicoli iscritti ai registri, passaggi a costi agevolati, tasse di circolazioni a zero, privati/pseudo collezionisti hanno investito in vetture di sicuro futuro interesse storico, non ancora trentennali, riempiendo magazzini privati, che non pagano tasse,  e grazie ad internet hanno esportato all’estero fior di vetture, in particolare sportive, Porsche, Ferrari, Lamborghini, con utili interessanti a costo tasse… Zero.  Se si potessero avere i numeri delle esportazioni per radiazione delle vetture vendute da privati all’estero, avremmo dei dati molto interessanti.  Per contro gli operatori del settore continuano a combattere contro l’oppressione delle tasse ove alla fine dei conti su quello che è il margine di ricarico su di una vettura, tra iva e tasse se va bene resta il 50 % di utile ed anche meno. Da questo utile, poi dobbiamo detrarre le spese gestionali, affitti/leasing immobiliari, le utenze, le spese del personale diretto ed indiretto…  Ecco così spiegato, velocemente perché gli operatori non possono vendere alle quotazioni di Ruoteclassiche…
  2. Dove sono i ricambi ? La situazione è anche qui paradossale.  Si vogliono salvare le ventennali ma non si consente di poter accantonare vetture per avere dei ricambi di scorta. Oggi decidere di intraprendere un restauro, anche conservativo di una ventennale, italiana è un’impresa non da poco.  Provate a cercare ricambi per un‘ Alfa Romeo ventennale o per una Lancia Delta.  A parte il fatto che si rischia, se non si è più che attenti,  di trovare ricambi che non vanno bene per il modello, perché se è vero che la prima Lancia Delta del 1979, è stata fatta fino al 1993, all’interno di questo periodo, le modifiche tecniche ed estetiche sono state tante e tra ricambi originali e meno, puoi trovarti, come è capitato, che per aver fornito un bulbo della retromarcia non originale, visto che non funzionava, hanno diagnosticato che bisognava “revisionare il cambio” …  La cosa quindi triste, è che per i ricambi delle vetture italiane, bisogna cercarli all’estero…  Situazione nettamente migliore per le vetture inglesi trentennali dove si trova, a catalogo, praticamente quasi tutto!
  3. La privacy: In Italia con questa parola si ferma la ricerca di informazioni ed in questa maniera si da lo spazio a chi con l’auto ci specula.  Vi propongono una Ferrari Daytona Cabrio. Il prezzo non è da regalo, ma per voi che siete dei collezionisti può essere possibile.  Naturalmente volete una vettura corretta e pertanto con il numero di telaio della vettura, vi affrettate a chiamare in Ferrari per sapere se la vettura è un cabrio originale  od un coupè tagliato.  Il solerte e gentile interlocutore del call center, raffredda però il vs entusiasmo dicendovi che tale informazione possono darla solo al proprietario della vettura.  Quindi secondo questi signori, voi dovete comprare la vettura, fare la richiesta di certificazione, per poi sentirvi dire che, come abbiamo in questo caso appurato, la vettura era un coupè tagliato…  L’informazione, l’abbiamo poi avuta da un’azienda inglese, che riproduce ricambi per le Ferrari…   Stesso muro lo si riscontra anche in club italiani di modello. La risposta anche qui è: “prima ti fai socio, poi ti diamo le informazioni”. Quindi anche qui prima acquisto la vettura, mi faccio socio, poi scopro che ho preso una ciofeca!
  4. Se l’80 % si vende all’estero, cosa resta in Italia ?  E’ vero, pecunia non olet, ma la realtà è che in Italia, i privati vogliono fare gli scambi alla pari, le permute con poca differenza, darti l’imbarcazione, la multiproprietà, anche “la mula di sei mesi”… Non è uno scherzo.  All’estero non hanno il problema della targa quadrata (però che sia di una provincia sopra il Po’, chiedono gli italiani del nord), non hanno permute e sanno spendere i loro soldi, presto e bene.  In Italia cosa resta ? Una marea di Fiat 500 (dove però trovarne una corretta è cercare un ago in un pagliaio), Volkswagen Maggiolino (in particolare i 12 volt), e tante vetture, popolari di famiglia in condizioni mediocri e/o da restauro. Un fenomeno che lascia sempre sconcertati, sono coloro che a fronte di un acquisto di una vettura “popolare” che vale commercialmente 5.000,00 euro, ne spendono tre volte il valore per un restauro (che ci può stare se si ravviva un ricordo di famiglia e si pensa di tenere la vettura almeno una decina d’anni). La cosa illogica è che finito il restauro, poi vogliono subito venderla e pensano di poter realizzare quanto hanno speso…. Difficile.

Il discorso potrebbe avere ancora molte sfaccettaure, ma la mia piccola riflessione vuole solo far riflettere che il problema non sono le ventennali, il problema è “perché siamo arrivati a questa situazione” e come diceva il detto : “ Il pesce puzza dalla testa ”!

Forse bisogna riformattare il mondo del veicolo di interesse storico, a cominciare dall’Art. 60, con la ridefinizione di cosa sia un veicolo di interesse storico come stabilito dal regolamento internazionale FIVA, liberalizzando il settore, come è stato fatto per la telefonia, l’energia elettrica.  Bisogna portare avanti i progetti per delle scuole di formazione per il restauro delle vetture d’epoca, introdurre corsi di guida per i giovani per avvicinarli a queste vetture.  Bisogna ritornare allo spirito dei primi club di auto storiche, dove lo scopo era quello di condividere una passione, e non di rimpinguare le casse del club. Alcuni club questo già lo fanno e con soddisfazione dei soci.

Bisogna che gli operatori del settore possano fare il loro mestiere, nel rispetto dei ruoli (venditore-cliente), con professionalità, aggiunta a quella passione che è la differenza tra un commerciante ed un consulente. Tra aziende che c’erano, ci sono  oggi  e vogliono esserci domani e chi ha preso il treno come se l’auto d’epoca, fosse un’azione da speculazione finanziaria.

In tutto questo, per selezione naturale, le ventennali sono solo una componente di una situazione, non il sine qua non.   Poi, se vogliamo parlare di fiscalità, io credo che dopo 20 anni un veicolo abbia estinto il suo ruolo di oggetto, soggetto a tassazioni. E questo lo riterrei senza se e senza ma, ossia senza obbligo associativo.  Ma questo per taluni che vogliono tenere il monopolio è proposta impresentabile!

(Si ringrazia per la collaborazione Carlo Carugati, collezionista, studioso dell’auto e professionista automotive)

 

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