C’ERANO UNA VOLTA I P.R. AUTOMOTIVE

Riprendiamo da Crisalide Press e da Marcello Pirovano e volentieri pubblichiamo (e condividiamo).

Abbiamo ripreso dal wall di Facebook di Marcello Pirovano, questo post che riportiamo integralmente.Non vogliamo fare di tutta l’erba un fascio, ma forse è necessario che alcuni a.d. o direttori generali si occupino del problema.

DOVE SONO FINITE LE P.R.

Mestieri sempre più difficili da fare e da capire.

La sigla PR è sempre stata, e in qualche caso per fortuna lo è ancora, il modo più semplice e diretto per definire un professionista particolarmente importante nel mondo della comunicazione e nell’organigramma di ogni di azienda. Preziosissima, anzi indispensabile, la sua presenza per dialogare con le imprese, avere o verificare notizie, incontrare personaggi di rilievo, raccogliere pareri e opinioni e porre domande.

Oggi però, nel vorticoso mutare delle cose, i PR – come i giornalisti dell’auto, del resto – sembrano diventati una razza in via d’estinzione, una specie protetta che sempre meno risponde, con il necessario spirito di servizio, al compito che dovrebbe assolvere.Per cominciare comincia ad essere un problema incontrare un o una (non sono poche le donne coinvolte) PR che si ricordi del primo comandamento della sua professione: essere disponibili. Non a tutto, s’intende, ma almeno a farsi trovare. E anche qui, ovviamente, non in senso letterale, ma di essere pronti a rispondere nel più breve tempo possibile ad una telefonata, una mail, una richiesta di informazione.

Sempre più spesso, invece, ci sono chiamate che restano inevase anche dopo ripetuti solleciti, dopo molti messaggi lasciati su segreterie telefoniche che rispondono come Salvini e compagni quando parlano di migranti “… non possiamo accoglierne altri” (di messaggi, s’intende) perché la casella è piena.Incredibili poi le volte in cui una risposta si riesce ad ottenerla, ma di questo tipo: “sono in riunione, o fuori sede, e risponderò appena possibile”. Cosa che troppo spesso diventa il giorno del “forse” o il mese del “mai”. Il settore sembra aver dimenticato il significato di “Pubbliche” nelle relazioni; rivolte quindi all’esterno dell’azienda per le quali lavorano, senza limitatasi alla semplice diffusione di Comunicati Stampa spesso dai toni enfatici oltre misura nella descrizione di un prodotto, di una iniziativa, di un evento.Per non dire della abnorme quantità di notizie che starebbero benissimo nella rubrica “chissenefrega” come quelle che chiedono di divulgare, urbi et orbi, che il calciatore tale o la cantante tal altra ha avuto in dono l’auto che è In campagna di lancio, oppure che l’argomento dell’evento non è tanto l’auto da testare e, nel limite delle competenze, descrivere e commentare, ma qualcosa che con l’auto in questione ha poco o niente da spartire.

E ancor meno è importante, se non per la mamma dell’interessato, sapere che un sedicente giornalista presente all’evento (non si sa bene sulla base di quali competenze) sta ammirando il paesaggio dalla finestra del suo albergo in Costa Azzurra o sta assaggiando un piatto di nouvelle cuisine.Cosa ci sia di pubbliche relazioni e di buona informazione sull’auto di cui si dovrebbe da conto e sulle problematiche del suo mondo in tutto questo è veramente difficile da capire e ancor meno da condividere.

E questo non è il lamento del vecchio giornalista in conflitto generazionale con i tempi che cambiano e di cui sarebbe sciocco e inutile non tener conto. È che mestieri come quello di PR e di giornalista richiedono in primo luogo il rispetto di certe regole e un diverso impegno da parte di tutti coloro che nei vari e distinti ruoli vi operano. Vogliamo parlarne?

E’ una proposta che abbiamo già avanzato e che rinnoviamo: incontriamoci al più presto se è vero che su queste mutazioni epocali nella comunicazione uno scambio di opinioni è sicuramente utile. Per tutti.

Siamo infatti, come dice Toni Servillo nel bel film la Grande Bellezza, al punto che per noi giornalisti e – a sentire anche per non pochi PR – “… non c’è più molto tempo da perdere per fare cose che non abbiamo più voglia di fare”.

M.P.

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